Fino a pochi anni fa, un caffè era un caffè. Non si sapeva la provenienza e tanto meno, almeno in Italia, la patria del caffè per antonomasia, ci si chiedeva la qualità.
Poi sono arrivati gli Specialty coffee, e abbiamo scoperto che non tutti i caffè sono uguali, ogni caffè può avere note aromatiche differenti, che si legano all’area di origine. Per il vino si direbbe al terroir.
Il termine monorigine sta a indicare che si tratta di un’unica varietà di caffè coltivato all’interno di un’unica origine geografica ben determinata e che ha caratteristiche organolettiche ben riconoscibili e distintive.
Quindi per essere un monorigine un caffè deve rispettare alcuni parametri che riguardano il territorio di provenienza o la varietà botanica e il metodo di lavorazione.
Il territorio
Queste specificità possono essere utilizzate per denominare ciascuna singola monorigine, e i riferimenti possono essere il distretto di coltivazione, o il nome dalla fattoria o del produttore se proviene da piccolissimi appezzamenti, il tipo di cultivar, il tipo di lavorazione del seme subito dopo la raccolta.
La denominazione include anche il nome dello stato di provenienza, ma identificare l’origine del caffè con il solo paese di provenienza, avrebbe poco senso. Prendiamo ad esempio i caffè del Brasile.
I caffè Brasiliani vengono nella maggior parte dei casi definiti Santos: in realtà “Santos” non si riferisce a una regione di produzione, ma al porto di Santos, da dove viene imbarcato il 90% del caffè brasiliano. Sarebbe superficiale appellare un “Santos” come monorigine, solo perché e stato spedito da quel porto. È più indicativo il nome dello stato in cui sono prodotti. Si hanno così caffè Paranà, Minas Gerais, San Paolo e Espirito Santos. Ma anche queste sono aree troppo vaste per poter definire caffè omogenei per qualità, ed è quindi necessario ridurre ancor di più il territorio. Così si possono distinguere origini provenienti dai distretti di Cerrado, di Riberao Preto, di Pinhal, di Campinas, di Aracuara, di Mococa, dell’Alto Paulista di Cambuhy e di molti altri. Quindi, ad esempio, il nostro caffè monorigine Santos Cerrado è un caffè prodotto nella regione del Cerrado, nello stato di Minas Gerais, e imbarcato dal porto di Santos.
Ovviamente il cultivar, ossia la varietà del caffè, è un altro attributo distintivo dei monorigine. Per la sola arabica si conoscono centinaio di varietà botaniche spesso peculiari di ciascun territorio.
Altra caratteristica distintiva di ciascuna “monorigine” è il metodo di lavorazione del caffè appena raccolto. Può essere a secco, i chicchi vengono lasciati essiccare su aie pavimentate in mattoni, semilavato o lavato. I caffè naturali avranno un colore non uniforme e conservano ancora una parte della pellicola argentea, i lavati invece hanno un aspetto migliore, colore più uniforme e il seno (solco centrale) di colore biancastro.
Due miti da sfatare: i monorigine sono più buoni? Monorigine e Specialty sono la stessa cosa?
Più si è in grado di restringere l’area di produzione, più il caffè acquisisce caratteristiche organolettiche distinguibili e caratterizzanti e, probabilmente, sarà di qualità migliore. Anche se “monorigine” non è necessariamente sinonimo di miglior qualità. Nel caso degli specialty coffee avremo dei caffè provenienti esclusivamente da una singola fattoria di piccole dimensioni.
Quindi uno specialty coffee è sicuramente un monorigine. Ma non sempre un monorigine è uno specialty!
Il perché lo scoprirete nei prossimi articoli…