È il caffè il protagonista di un progetto di economia circolare, un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo e dove tutte le attività sono organizzate in modo che i rifiuti diventino risorse.
Il mercato del caffè è uno dei più fiorenti a livello mondiale, e in Italia ne consumiamo in un anno 3,4 kg a testa. Ma la sua lavorazione genera anche una buona quantità di scarti, dal pericarpo al pergamino, dalla pellicola argentea (silverskin) ai residui d’estrazione.
Ed è il coffee silverskin l’oggetto del progetto CirCo (Circulare Coffee) finanziato da Fondazione Cariplo e da Innovhub SSI, azienda speciale della Camera di commercio di Milano, che vede coinvolti la cartotecnica Favini, il Cnr, l’Università di Milano, Eurac Research di Bolzano e Intercos.
Favini fin dagli anni novanta ha introdotto sul mercato Alga Carta, una carta ecologica che utilizzava le alghe infestanti della Laguna di Venezia, in seguito integrata con le alghe in eccesso provenienti da ambienti lagunari a rischio. Poi con Crush, ha iniziato a utilizzare i sottoprodotti della lavorazione della filiera del food (frutta secca, agrumi, frutta, cereali, olive) arrivando a sostituire fino al 15% di cellulosa vergine con residui agro-industriali, riducendo l’impronta ecologica, ma, allo stesso tempo, preservando la qualità del prodotto.
Ora è la volta di CirCo, carta realizza con gli scarti della lavorazione del caffè. Il coffee silverskin rappresenta fino al 2% del peso totale del chicco di caffè e, solo in Italia, se ne producono 7.500 tonnellate all’anno. Finora è utilizzato in alcune occasioni come fertilizzante o come combustibile. Di recente alcuni studi stanno valutando la possibilità di utilizzare gli estratti del coffee silverskin nella cosmesi.
CirCo è un bell’esempio di come puntando sulla riconversione dei processi di produzione, sia possibile attuare un cambiamento importante, in grado di ottimizzare l’utilizzo delle risorse naturali rinnovabili e di valorizzare gli scarti di produzione, secondo i principi dell’economia circolare.