In una intervista a offblog Alessandro Borea parla dell’arrivo di Starbucks a Milano. E racconta perché l’entrata della catena americana debba essere vista come una opportunità per i torrefattori italiani.
In questi giorni l’arrivo di Starbucks in Italia ha riempito le pagine dei giornali, e non solo quelli di settore.
Si, certo. Possiamo dire che quest’evento non è di certo passato inosservato. Certo per il mondo delle torrefazioni italiane questo “sbarco” avrà un impatto forte, ma non è detto che debba essere obbligatoriamente negativo come ho letto, anzi, io penso il contrario. Penso che possa essere una buona opportunità, sia per le grandi torrefazioni sia per quelle piccole, come La Genovese.
A leggere i commenti agli articoli e sui social, non sono in molti a pensarla così.
Forse molti di questi giudizi sono dettati da un po’ di chiusura mentale e un po’ di presunzione. Presunzione che almeno per ora non ha mostrato Starbucks: la catena di caffè americana si è proposta di conservare lo stile e la cultura italiana del caffè. Non vorrei essere frainteso, il paragone certo non regge, ma quando ho letto che nelle promesse di Starbucks sul suo arrivo in Italia voleva unire “tradizione e nuove tecnologie innovative per produrre il caffè”, in un certo modo mi sono riconosciuto.
Siamo Liguri, e fin dagli anni cinquanta ci siamo dovuti confrontare con una clientela internazionale. Sappiamo che l’espresso non è il solo modo di poter bere il caffè e abbiamo imparato a soddisfare tutti i gusti. Lo testimonia il fatto che oggi il 50% della nostra produzione è destinata all’esportazione.
Si, ma l’Espresso Italiano? Niente al mondo è migliore!
Si certo, l’Espresso Italiano è un eccellente modo di preparare e sorbire il caffè. La Genovese fa parte dell’INEI e ha ben tre miscele certificate che ci hanno permesso negli anni di vincere più volte la medaglia d’oro di miglior miscela. Questo, però, non vuol dire che l’espresso sia l’unico modo di poter mettere in tazza il caffè. Ci sono diversi modi di estrazione, che danno caffè diversi, per sapore o per intensità, ma non credo che si possa dire che uno sia migliore dell’altro. Si tratta di prodotti diversi, con gusti diversi.
Anche in questo caso con i nostri Specialty Coffee abbiamo cercato di soddisfare questi gusti, ma ripeto, io non credo che un modo sia migliore dell’altro, sono soltanto diversi.
Ho letto da qualche parte che solo chi non ha mai assaggiato altro che la cucina di sua madre, è convinto che questa sia la migliore al mondo. Ma oggi, soprattutto tra gli under trenta, sono in molti quelli che hanno avuto la curiosità, o la necessità, di provare altro.
Ok, Starbucks non va demonizzata. Ma vedi anche delle opportunità?
Credo che l’arrivo della catena americana porterà una ventata di aria fresca, in grado di rinnovare il mercato e ampliare la cultura del caffè nel nostro paese.
È bastato solo l’annuncio dell’arrivo di Starbucks affinché a Milano si organizzassero nel giro di sei mesi ben tre eventi/festival interamente dedicati al caffè. Tutti con la promessa di avere in futuro una cadenza annuale. Un caso?
Ma c’è un altro punto che mi sta a cuore. Sono anni che sostengo che il prezzo applicato dai bar alla tazzina di caffè espresso sia basso. Troppo basso per permettergli di poter utilizzare una miscela di qualità, e di conseguenza, servire un caffè di qualità.
Il prezzo livellato verso il basso, obbliga i baristi a utilizzare miscele di basso costo e di conseguenza bassa qualità. Non ne faccio un interesse di torrefazione: a noi vendere una miscela di qualità o una di qualità inferiore non cambia le cose. Penso al consumatore che spesso si ritrova in tazza un caffè scadente. Non è così in tutto il resto d’Europa, dove un caffè si arriva a pagarlo 2,5 – 3 euro, ma nella tazza ci si trova una caffè fatto con miscele di buona o alta qualità.
Ho visto i prezzi che applicherà Starbucks, molto più allineati agli standard europei rispetto a quelli italiani.
Ecco spero proprio che almeno questo possa servire per far comprendere che un buon caffè non può costare solo un euro.