Loro la raccontano così: un’idea nata davanti alla macchinetta del caffè.
E quella sviluppata dal team di ricerca in Scienze e Tecnologie alimentari, coordinato dal professor Matteo Scampicchio della Facoltà di Scienze e Tecnologie di Bolzano, è un’idea davvero originale, che ha portato alla realizzazione di uno studio che punta a valorizzare le cialde esauste per l’industria alimentare.
L’obbiettivo, estrarre dalla bratta del caffè sostanze utilizzabili nell’industria alimentare, come alcuni antiossidanti o lipidi che potrebbero essere utilizzati in sostituzione dell’olio di palma.
Il procedimento di recupero delle cialde usate, messo a punto da Giovanna Ferrentino e Sebastian Imperiale, e descritto nello studio – Antioxidant and Pro Oxidant Activity of Spent Coffee Extracts by Isothermal Calorimetry – è stato pubblicato sulla rivista statunitense Journal of Thermal Analysis and Calorimetry.
L’estrazione avviene in un impianto che funziona con CO2 supercritica (in uno stato a metà tra gassoso e liquido) e che, nell’industria alimentare viene già usato proprio per produrre caffè decaffeinato.
Analogo processo è sfruttato anche per estrarre oli essenziali, antiossidanti e coloranti, come alternativa “green” rispetto a quei processi di estrazione che utilizzano solventi organici.
Secondo il prof. Scampicchio “il processo presenta notevoli vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali. Innanzitutto, gli estratti naturali ottenuti sono privi di solventi o residui inquinanti. Poi, la tecnologia è ecologica in quanto usa solo anidride carbonica come solvente. Questa è atossica, naturale e viene completamente riciclata alla fine del processo. Infine, le temperature usate non superano i 40°C, quindi si parla di estrazione a freddo, per preservare al meglio i preziosi olii essenziali”.
In altre parole si tratterebbe di una produzione alimentare sostenibile e rispettosa dell’ambiente.