Sono 20 anni che lavoro nel mondo del caffè, ma non avevo mai fatto l’esperienza di visitare le piantagioni di caffè. Quest’anno ho deciso di farmi un regalo e nel mese di novembre ho partecipato al Campus organizzato da Umami Area Honduras. Con Andrej Godina, presidente di Umami Area Italia, e altri nove colleghi torrefattori, abbiamo vissuto dieci giorni di full immersion nel mondo della produzione del caffè nel villaggio di Las Capucas, nella municipalità di San Pedro, vicino a Santa Rosa de Copan, in Honduras appunto.
Si è trattato di un vero e proprio viaggio formativo: tutte le mattine avevamo l’occasione di andare in campo per la raccolta manuale del caffè che viene poi spolpato e messo immediatamente a essiccare con il procedimento black honey, le ciliegie vengono anche processate con metodo naturale e lavate con fermentazione aerobica.
Non solo abbiamo visto dal vivo tutte le fasi della produzione, ma abbiamo avuto anche l’occasione di poterle mettere in pratica: la semina nel vivaio, la messa a dimora delle piante in piantagione a cielo aperto, l’essiccazione naturale e meccanica del caffè, la visita allo stabilimento di esportazione con lezioni sui documenti di esportazione, la selezione del caffè per difetti visivi e la classificazione per crivello.
Nei pomeriggi, nella Capucas Coffee Academy, abbiamo seguito anche le lezioni teoriche e le sessioni pratiche dei moduli intermedi del “Coffee Skills Program” di SCA sul caffè verde e sull’assaggio con il metodo “cupping”.
Un programma intenso e serrato che non ci lasciava molti momenti liberi.
Compresa una giornata dedicata al trekking nel Parco Nazionale del Celaque, patrimonio UNESCO. Una giornata fantastica. Durante il percorso abbiamo potuto incontrare alcune comunità indigene che vivono in abitazioni senza energia elettrica nel mezzo della foresta e che coltivano caffè biologico. E poi il canopy, ponte sospeso tra le valli adiacenti alla cooperativa Cocafcal, che passa sopra le piantagioni di caffè coltivate all’ombra di alberi ad alto fusto. Attraversarlo è stata un’emozione e una scarica di adrenalina unica.
Uno dei momenti più belli e che ricorderò è stata la visita e la cena a casa di Francisco Villeda Panchito, capataz della piantagione Umami Area Honduras, l’occasione per condividere in modo semplice e vero, un momento di quotidianità e di vita familiare con la comunità locale. Un momento emozionante che ha messo in relazione, nel vero senso della parola, il mondo della produzione del caffè verde con quello della produzione della tazzina di caffè.
Oltre a “Panchito” ho avuto modo di conoscere altri produttori di caffè come Noè Portillo e Delmi Medrano, giovani ma con una competenza e un’intraprendenza davvero uniche.
Noè coltiva specialty coffee e gestisce assieme alla moglie una caffetteria “Specialty” a Cucuyagua, che è poco più di un villaggio, dove propone caffè espresso, oltre a filter coffee con il Chemex e il V60.
Delmi è una giovanissima ragazza che ci ha accolto nella Finca Medrano che gestisce con la sua famiglia, dove abbiamo passato una bellissima e piacevole giornata.
Umami Coffee camp è stata per me un’esperienza davvero straordinaria. Non solo perché ho visto finalmente dal vivo tutti quei processi di lavorazione del chicco di caffè che avevo solo letto sui libri, ma soprattutto perché mi ha regalato la possibilità di conoscere persone straordinarie e il duro lavoro che serve per la produzione della tazzina di caffè.
Sono queste persone l’anello più debole della filiera del caffè, e paradossalmente, sono allo stesso tempo la parte essenziale. Senza i loro sforzi per salvare le piante dalle malattie e dalle conseguenze disastrose del cambiamento climatico, senza la loro enorme competenza per progettare e realizzare innesti e cultivar capaci di dare piante più resistenti e più produttive, il nostro amato caffè non arriverebbe mai nelle nostre tazze.
Si fa spesso riferimento al prezzo troppo basso della tazzina di caffè al bar ma il vero punto di partenza è il prezzo da garantire a chi produce i chicchi in piantagione. Senza i produttori di caffè l’intero sistema crolla.
Questa esperienza in piantagione, per chi come me lavora nel caffè, è stata davvero fondamentale. Mi rammarico di avere aspettato così tanto, ma so per certo che è stata solo la prima esperienza di altre che verranno. La ricchezza di umanità che è riuscita a darmi è un piacere che desidero riassaporare.
Ringrazio Andrej Godina di Umami Area e Alberto Polojac della Bloom School di Trieste per la loro competenza, l’accoglienza e la cordialità che ci hanno dimostrato: ci hanno fatto sentire come a casa, e anche grazie a loro l’Honduras rimarrà sempre nel mio cuore.